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La politica estera di Obama
Di Francesco Agnoli - 04/06/2009 - Esteri - 1344 visite - 0 commenti

La politica estera di Obama è interessante. Perché il nuovo presidente americano ha deciso di affrontare i dossiers caldi del mondo con un approccio diverso dal passato. Un approccio che non può essere definito né repubblicano, né democratico, almeno in senso tradizionale. Infatti i repubblicani sono storicamente il partito isolazionista americano, sino a Bush sr e jr, cioè il partito del non intervento; i democratici, al contrario, sono invece gli “idealisti” con la missione di “migliorare” il mondo, almeno da Wilson in poi.

Con Bush Jr avevamo assistito ad una novità: il partito repubblicano si è fatto portatore di idee nuove, l’esportazione della democrazia, instillate nel vecchio Gold per lo più da elementi di provenienza democratica, i cosiddetti neocons. Ma la politica di Bush jr è fallita: in Iraq sostanzialmente si è perso; in Afganistan le cose vanno sempre peggio; a ciò si aggiunga la crisi economica americana e la perdita di posizioni degli Usa in tutta l’America latina a seguito della presa del potere di alcuni fanatici governi indigenisti-socialisteggianti. Obama si è dunque trovato dinanzi ad un mondo totalmente nuovo: non più il vecchio bipolarismo della guerra fredda, non più la possibilità di fare degli Usa la nazione guida, l’unica superpotenza, come si era pensato all’indomani della caduta dell’URSS, ma la necessità di adottare un approccio multilaterale, che tenga conto dei cambiamenti a livello mondiale.

Sia per la sua formazione, sia perché costretto dalla realtà, Obama ha deciso di portare avanti un’azione diplomatica di questo tipo:

1 con il mondo arabo occorre pacificazione, sfruttando le possibilità offerte dalle divisioni islamiche tra sciiti e sanniti, e la paura dell’Iran sciita da parte dei sunniti;

2 perchè ciò avvenga occorre non solo tentare la via diplomatica con l’Iran, concedendogli, ma non troppo (anche al fine di far perdere terreno, all'interno, agli islamisti), ma soprattutto occorre depotenziare la bomba mediorientale, cioè la questione israelo-palestinese. Il governo americano è ancora filoisraeliano, come dimostra la nomina del capo di gabinetto di Obama, ma ritiene che la pace di Israele, e quindi degli Usa col mondo arabo, passi dalla nascita di uno stato anche per i palestinesi, affinché la questione palestinese non diventi per il mondo musulmano il collante ideologico contro l’Occidente. Per questo Obama sta insistendo con Israele perché fermi gli insediamenti abusivi dei coloni in territorio palestinese. La pace col mondo arabo è necessaria oggi agli Usa per più motivi: da una parte la debolezza interna degli Usa, dall’altra la rinascita del pericolo russo a cui si aggiungono altre incognite: cosa faranno India e Cina? E la Ue, decollerà o meno? E l’alleato tradizionale turco? Rimarrà filo-occidentale o si lascerà travolgere dal rinascente islamismo? E l’Arabia Saudita? E’ ancora un fedele alleato degli americani, per il petrolio; ma lo rimarrà a lungo se il mondo islamico dovesse continuare ad accendersi? E il mondo islamico?

3 a questi problemi se ne aggiunge un altro: l’Europa. Già Chirac e Schroeder dimostrarono scarsa volontà di schierarsi con Bush jr ai tempi della guerra in Iraq. Oggi che l’America è così più debole che in passato, la Francia e la Germania cercano chiaramente di essere meno dipendenti, in politica estera, dalla Casa Bianca: si sa che quando l’alleato è più debole, in molti secondo dal treno…Così Sarkozy non esita a cercare di fare il protagonista in politica estera, per rafforzare la Ue, e la Francia, sul mediterraneo; la Germania, a sua volta, stringe alleanze importanti, vedi affari Gazprom e Opel, con la Russia. Anche l’Italia, pur essendo il nostro governo filo-americano, ha una sua politica estera, ben più che sotto i debolissimi governi di Prodi, troppo fragili sia in casa che fuori. Berlusconi può vantare un rapporto speciale con Putin, che ha dimostrato di far valere nella recente questione georgiana, schierandosi apertamente con la Russia e contro la Georgia, alleato degli Usa. Non bisogna dimenticare che la Russia sta fondando la sua rinascita sul gas e sul petrolio e che durante la guerra contro la Georgia ha approfittato per bombardare i gasdotti georgiano-americani. All’alleanza di Berlusconi con Putin, si aggiunga quella strategica, anche dal punto di vista energetico, con un altro nemico degli Usa, la Libia. Insomma, pur rimanendo legata da amicizia con gli Usa, l’Italia sta facendo una politica estera tua sua, che non può non irritare Obama. Si pensi ad una grande novità: il presidente italiano dice ad Obama, in occasione del G20, “la crisi la avete provocata voi risolvetela…”; sono affermazioni che sino a pochi anni fa sarebbero state inpensabili.

4 L’amministrazione americana infine ha deciso di interrompere le ostilità con la Russia, molto accese durante l’ultima fase della presidenza Bush jr, ma la verità è che si tratta più di una tregua che di altro: la rinascita del potere russo impensierisce gli americani, non solo perché si tratterebbe di un'altra potenza sullo scacchiere, ma anche perché il progressivo stringersi di rapporti tra UE e Russia, potrebbe trasformare l’Eurasia nella maggior potenza del mondo, per forza politica, militare, economica, con in più una certa autonomia energetica. A ciò si aggiunga il fatto che sia Russia che Italia, grande partner economico dell’Iran, vogliono avere un ruolo anche nella partita col mondo arabo. A Obama non resta che anticipare, perché se anche il mondo arabo iniziasse a gravitare sempre di più sull’area euro, gli Usa perderebbero definitivamente ogni loro supremazia. Insomma, se ho capito bene si stanno ridisegnando i rapporti di un nuovo mondo multipolare, e nessuno vuole rimanere fuori. Neppure l'Italia, che può contare per la prima volta nella sua storia su governi forti che durano 5 anni e su una nuova intrapprendenza.

 
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