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Coscienza
Di Marco Luscia - 09/04/2009 - Religione - 960 visite - 0 commenti

Quando la coscienza è interpretata come una sorta di oracolo capace di distinguere senza errore il bene dal male, allora anziché svolgere il ruolo cui è deputata essa si riducealla forma estrema del relativismo e del soggettivismo. Dico questo pensando a quei sacerdoti e a quei “cattolici adulti” che si vantano di agire secondo coscienza, inevitabilmente pronunciandosi contro la Chiesa - cui dicono di appartenere- e contro il Magistero. Ma una siffatta idea di coscienza collide sia con la tradizione bimillenaria della Chiesa sia con il buon senso. La coscienza infatti non è il luogo dell’ isolamento e dell’ autonoma decisione, bensì luogo di comunione.

Osserva il Papa: “E’ in questo rapporto con la verità obiettiva e comune che la coscienza trova la sua giustificazione e la sua dignità, la quale va sempre accuratamente garantita attraverso una permanente formazione, che per il cristiano comporta spontaneamente un sentire cum Ecclesia e quindi un riferimento intrinseco al Magistero autentico della Chiesa. Per converso nell’idea di non pochi cattolici, per non dire dei non credenti, la coscienza è sganciata dal suo rapporto costitutivo con un contenuto di verità morale […] I contenuti dell’agire dipenderebbero invece, nella loro qualificazione morale, dall’autocomprensione dell’individuo, sempre culturalmente e circostanzialmente determinata. In tal modo la coscienza viene ad essere nient’altro che la soggettività elevata a criterio ultimo dell’agire. La fondamentale idea cristiana che non c’è nessuna istanza che possa opporsi alla coscienza non ha più il significato originario e irrinunciabile per cui la verità non può che imporsi in virtù di se stessa, cioè nell’interiorità personale, ma diventa una deificazione della soggettività , di cui la coscienza è oracolo infallibile, che non può essere messa in questione da niente e da nessuno”.

Sarebbe bene si meditasse sulla forza della ragione espressa in queste considerazioni del Santo Padre. La coscienza in tal senso appare come il luogo in cui la ragione può esercitare se stessa e trovare quella “verità minima” che accomuna tutti, credenti e non, solo si voglia riconoscere la forza del diritto naturale. Purtroppo il pensiero contemporaneo sfugge a questo appello e si rifugia nell’esaltazione dell’autonomia del singolo. Ma il singolo, da solo, non è in grado di reggere il peso delle suggestioni interne ed esterne, perciò si chiude all’appello della vera coscienza, un appello che impegna e rispetto al quale non possiamo sottrarci. Bene fa dunque il Papa a risvegliare in noi la giusta idea di coscienza.

 
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