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La dolce morte non è per nulla dolce, e Veronesi mente, come mentivano sui feti.
Di Francesco Agnoli - 13/02/2009 - Eutanasia - 1552 visite - 0 commenti

Eluana, senza cibo e senza acqua, ha sofferto. Non per nulla le hanno doto dosi non indifferenti di sedativi, per calmare crampi, contratture e dolori. Questo ormai è pacifico. Prima dicevano e spergiuravano che non c'era bisogno. Nel suo "Il diritto di morire", Mondadori, Umberto Veronesi, massimo esponente del movimento pro eutanasia in Italia, giurava, parlando della morte di Terry Schiavo: "Mi sembra che la conclusione che se ne può trarre sia chiara, e tale da rimuovere l'angoscia: le persone in stato vegetativo permanente, così come non avvertono di essere idratate e alimentate, così non avvertono di non esserlo più. Qualunque cosa possa sembrarci, la realtà è che non soffrono, perchè non sono più capaci neppure di soffrire". (p.71,72)

A parte le ripetizioni continue, il concetto è chiaro, rassicurante ma ingannatorio. Come fidarci di questi venditori della dolce morte, che di dolce non ha nulla?

 

 

L'anestesista De Monte: “Non soffrirà. E' morta 17 anni fa” “Unità, (4/2/2009).

Ma se è già morta, perchè il cuore batte, respira, deglutisce ecc.? Perchè uccidere chi è già morto. E se non soffre, perchè serve un anestesista?

Perchè De Monte mente.

La medicina è una scienza empirica: l'altro caso di una donna lasciata morire di fame e sete è Terry Schiavo. Genitori e fratello hanno continuamente detto che Terry soffriva terribilmente...E comunque non era morta, prima che la uccidessero.


Tanto è vero che a Eluana, quello che spiegava che non soffre, ha dato grosse dosi di “sedativi per calmare crampi e contratture” (Corriere della Sera, 9/2/2009). Sedativi, inteso?


Il neurologo Defanti decide di darle “farmaci sedativi per evitare spasmi o reazioni muscolari”, una “terapia sedativa e antidolorifica anche pesante” (Corriere 4/2/20009). Infatti sono in tanti a dire che soffrirà, eccome. Ad esempio Luciano Gattinoni, direttore del dipartimento di terapia intensiva del Politecnico di Milano (propone “dosi robuste di sedativi che però avranno effetti collaterali”). Che soffrirà molto, lo dicono anche Marco Perotti, direttore dell'istituto di tumori di Milano, il neurologo Giuseppe Nappi e molti altri...

Chi nega categoricamente che soffrirà? Maurizio Mori, fautore dell'eutanasia; De Monte, l'anestesista che la ucciderà;Mario Ricci, un altro sostenitore dell'eutansia (Corriere, 4/2/2009) e... Veronesi, che ovviamente, dà per certa anche lui la sua posizione, pur sapendo che non è così, quantomeno che non ha prove per dirlo. Dogmatici, benchè non vi siano motivi, se non ideologici, per esserlo...

L'ultimo giorno della vita di Eluana, scrive il Corriere, “si incomincia a compilare il registro della sofferenza. Dopo 24 ore le prime complicazioni: sabato pomeriggio Eluana respira a fatica, le mucose sono asciutte. Gli infermieri nebulizzano acqua. Domenica la situazione si complica: gli infermieri la girano ogni due ore, le nubulizzano acqua sulle mucose. Una cronista che la vede, Marinella Chirico, racconta che 'è irriconoscibile, le sue orecchie hanno delle escoriazioni'. Eluana è già sedata. Il farmaco è il Delorazepam, iniettato sottocute. Lunedì le sue condizioni precipitano. Il registro della sofferenza parte all'una di notte...la sedazione prosegue. Nel pomeriggio la febbre sale. Eluana è debole, respira malissimo, è sempre sedata. Le urine sono scomparse. Alle 19.35 il cuore si ferma” (Corriere, 11/2/2009). Accanto il padre non c'è, da una settimana ormai...


Non ha sofferto? Lo stesso si diceva dei feti, all'epoca dell'aborto: non esistono, non sono persone, non soffrono, sono grumi di cellule. Gli stessi oggi, di allora. Oggi sappiamo che è il contrario. E qualche femminista storica, come Anna Bravo, pur rimanendo abortista, lo dice, con grande clamore, sulla rivista Genesis: “ci sono molte cose di cui allora si parlava poco o quasi niente. Che il feto fosse materia vivente, non implicava considerarlo una vita. Tuttavia non abbiamo mai discusso sul passaggio dall´una all´altra condizione. Né nei nostri documenti c´è mai traccia della sofferenza del feto prodotta dall´interruzione della gravidanza. Gli farà male? E quando? Dopo la ventiquattresima settimana? C´è modo di porvi rimedio? Ecco: non eravamo sfiorate da timori o inquietudini». Né allora né oggi.

 
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