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Per i becchini laici di Eluana
Di Giuliano Guzzo - 10/02/2009 - Eutanasia - 1572 visite - 0 commenti

Dove avete lasciato spumante e bicchieri? Insomma, dov’è la festa? Suvvia, cari amici laicisti, professionisti del buonismo che non siete altro, non vorrete farci credere che non avete pensato a nessuna festa, proprio ora che Eluana ha accolto il vostro appello, e se n’è andata. Avete tifato senza sosta per la morte chiamandola ipocritamente libertà di cura; avete invocato l’autodeterminazione di un padre scambiandola per quella della figlia; avete portato in piazza il dramma di Eluana intimando a chi dissentiva dalle vostre menti illuminate di tenersi alla larga da faccende private. E proprio ora che il vostro macabro progetto ha trovato compimento, strano ma vero, parlate di silenzio, di rispetto. Ma di che rispetto andate cianciando? Dov’eravate quando Eluana è stata barbaramente strappata dall’amore delle suore che per quindici anni - lontano dal vostro ipocrita silenzio di queste ore, nel silenzio autentico dell’amore - l’hanno accudita senza fiatare? Fate almeno la bella figura di nascondervi, e di piantarla con la manfrina del testamento biologico: uccidendo Eluana avete dimostrato, complice l’iniqua sentenza della Corte di Milano, che le dichiarazioni di fine vita non servono affatto, perché già ora basta una frase detta così, senza registrazioni né testimonianze certe, per esser condannati al supplizio della disidratazione. Voi invece volete una legge a tutti i costi perché sapete, come diceva Tacito, che più uno Stato legifera e più è corrotto. E a voi la corruzione morale piace, dite la verità. Incapaci come siete a dare senso alla vita di una giovane disabile, non vi resta che l’effimera rincorsa al capriccio legalizzato, nella speranza di contagiare col vostro vuoto chi vuoto come voi, per il momento, ancora non è. Così, per sentirvi meno soli, soli come siete ora, senza nulla da festeggiare, con una battaglia persa tra le mani. Già, perché non vi siete nemmeno accorti che Eluana, nella sua infinita debolezza aveva più vita di voi che della vita, in fondo, non sapete che farvene.

 
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